Università Popolare di Roma UPTER Via IV Novembre 157, Roma 27 Gennaio 2023 9-13
IPEAH informal Partecipatory Education on Antisemitism and Holocaust CONOSCENZA, MEMORIA E DIRITTI UMANI
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Arte, Memoria e Diritti Umani intervento di Franca Marini
di seguito la trascrizione:
Vorrei iniziare questo mio breve intervento proponendo una riflessione sul significato della creazione artistica in situazioni che potremmo definire estreme, in cui la violazione dei diritti umani si è spinta oltre ogni limite e l’individuo è vittima di violenze fisiche e psicologiche indicibili.
Vi mostrerò alcuni disegni che ho raccolto dal documentario Disegni dall’Olocausto di Massimo Vincenzi, presentato in occasione del Giorno della Memoria del 2022.
Un documentario molto intenso, estremamente toccante che consiglio a chi non lo avesse ancora fatto di vedere. Ci racconta dei circa 30.000 disegni raccolti nei lager nazisti, rinvenuti nelle intercapedini dei muri, sotto i solai dei pavimenti, nei cimiteri e realizzati con materiali di fortuna di nascosto, rischiando la vita, da persone comuni, artisti e fintanto bambini internati nei campi di sterminio.
Yehuda Bacon, Birkenau Auschwitz, Polonia
disegno realizzato da un internato di 14 anni, emblematico il sole di un nero intenso sullo sfondo
DISEGNI DALL’OLOCAUSTO
dal documentario di Massimo Vincenzi, 2022
Nel campo di sterminio a Buchenwald, in Germania, un gruppo di artisti dà vita ad un corpus di disegni che testimoniano le atrocità naziste. Ma forse il senso di questi disegni non si limita a quello di lasciare ai posteri la documentazione di tali atrocità. L’arte infatti possiamo pensarla anche come una forma di resistenza alla minaccia di annientamento della propria persona. Forse potremmo affermare che il diritto umano che nessuna violenza può cancellare è quello, proprio dell’uomo, di immaginare. La creazione artistica, come vedremo anche da questi disegni, non è mai riproduzione della realtà, è bensì rappresentazione della realtà poiché sempre interviene una dimensione di fantasia che genera bellezza.
C’è una bellezza in questi disegni, nonostante la loro drammaticità… la bellezza non è estetismo e forse possiamo dire che la bellezza consiste in questa capacità dell’arte di esprimere, dare immagine a qualcosa che è oltre la percezione fisica della realtà, forse dare immagine e comunicare una speranza… in questi disegni c’è una forza che è speranza, speranza di resistere e non morire, c’è una bellezza che è vitalità, vitalità come affermazione di un attaccamento estremo alla vita.
Zoran Mušič disegni dal campo di concentramento di Dachau e dipinti degli anni ’70:
NON SIAMO GLI ULTIMI
Zoran Mušič è stato un pittore e incisore nato a Gorizia nel 1909. Morirà a Venezia nel 2005. Fu internato nel campo di concentramento a Dachau nel Novembre del 1944 per motivi politici, per aver aderito al movimento della resistenza antinazista.
Mušič, nelle opere pittoriche create negli anni successivi al lager, in particolare durante gli anni ’70, s’ispira ai disegni da lui realizzati a Dachau tra il 1944 e il 1945. I suoi dipinti sono quindi memoria dei traumi vissuti ma possiamo ipotizzare che la loro ricreazione attraverso il linguaggio artistico contenga in sé anche un elemento di elaborazione, un tentativo di “superamento” di quella inenarrabile esperienza di vita. Realizzerà così una serie di opere pittoriche bellissime e sconvolgenti allo stesso tempo chiamate Non siamo gli ultimi e che gli consacreranno una fama a livello internazionale.
Con il titolo Mušič allude ai genocidi e ai massacri che continueranno a perpetuarsi in altre aree del mondo anche dopo la fine della seconda guerra mondiale.
GUERNICA Pablo Picasso, Parigi 1937
A proposito di arte come memoria ed anche denuncia di un avvenimento traumatico, è inevitabile citare Guernica, una delle opere più celebri di Pablo Picasso, dipinta a Parigi nel 1937 in risposta al bombardamento, da parte dell’aviazione italo-tedesca, della piccola cittadina Guernica in Spagna. Il bombardamento causò la morte di duemila persone, in gran parte civili.
La realizzazione di Guernica, un’enorme tela alta circa 3,50 m e larga quasi 8 m, ebbe una grande risonanza, fu esposta in vari capitali del mondo fino ad arrivare nel 1939 a New York. Picasso la cedette al MOMA, al Museo di Arte Moderna di New York, siglando il patto che essa sarebbe stata consegnata alla Spagna quando vi si sarebbe insediato un governo democratico. Fu esposta per la prima volta in Spagna, a Madrid dove tutt’ora è custodita, nel 1981.
L’artista nell’apprendere il bombardamento di Guernica ha una reazione emotiva che lo spinge a rappresentare il massacro. Quale poteva essere l’intento di Picasso nel dipingere l’opera? Semplicemente creare una memoria attraverso l’arte di ciò che era accaduto affinché non venisse dimenticato? Perché l’arte al pari di articoli giornalistici, testimonianze fotografiche, può intervenire nel denunciare guerre, violenza e violazione dei diritti umani? E come interviene?
Picasso non usa un linguaggio naturalistico per rappresentare la ferocia del bombardamento, cioè non fa la fotografia di ciò che è avvenuto ma riesce, nonostante ciò, a creare un’opera di grande impatto emotivo. Deforma la figura umana e la realtà attraverso un linguaggio inventato, creato dalla sua fantasia d’artista che rende il dramma e la ferocia dell’accaduto ancora più concreti e veri e che fa di Guernica immagine universale degli orrori della guerra.
ARTE CONTEMPORANEA
Numerosi oggi sono gli artisti che si cimentano con tematiche legate ai diritti umani o che elaborano nelle loro opere eventi traumatici anche riferentisi al passato – spesso non vissuti direttamente dall’artista ma facenti parte della memoria e dell’immaginario collettivo presente come lo Shoah e più in generale gli accadimenti della seconda guerra mondiale.
Una forma d’arte spesso utilizzata è l’installazione. Nata negli anni ’70, essa pone al centro della sua realizzazione il coinvolgimento dello spettatore all’interno di uno spazio tridimensionale. A questo proposito vi mostrerò due installazioni dell’artista Christian Boltanski ed una da me realizzata per le Stanze della Memoria a Siena.
Christian Boltanski
è un artista francese recentemente scomparso. Il padre era un medico ebreo di origine ucraina che per sfuggire alla deportazione vivrà per oltre un anno in un nascondiglio realizzato sotto un pavimento.
Boltanski nasce a Parigi nel 1944 poche settimane dopo la liberazione della capitale francese dall’occupazione tedesca. Fin da piccolo sarà testimone dei racconti degli scampati all'Olocausto. Dedicherà gran parte del suo lavoro alla Shoah, pur senza mai citarla direttamente, e al tema, connesso, della memoria.
PERSONNES Christian Boltanski, Grand Palais, Parigi 2010
Personnes è un’ installazione monumentale di grande complessità, di forte impatto, quasi scioccante. Mi limito a segnalare, oltre all’audio che riproduce ossessivamente battiti cardiaci, una montagna, al centro, di vestiti alta 20 metri… dei corpi umani non restano che gusci vuoti. In cima un braccio meccanico, forse a simboleggiare la morte, che raccoglie dal mucchio uno ad uno i vestiti per poi lasciarli ricadere sulla massa indistinta che essi formano.
FLYING BOOKS Christian Boltanski, Biblioteca Nazionale, Buenos Aires 2012
In questa installazione il libro è il soggetto assoluto. Il tema è quello, caro a Boltanski, della memoria. Il libro è per antonomasia strumento del sapere e della conoscenza che può essere conservata e tramandata da generazione in generazione e che può costituire l’identità sociale e culturale del popolo che l’ha prodotta. Distruggere, bombardare biblioteche, come spesso accade durante i conflitti armati tra gruppi o nazioni, ha il significato di cancellare la memoria e l’esistenza di un altro gruppo, di un’altra nazione.
Abbiamo poco fa ascoltato nel film “Roma una breve eternità” di Vittorio Pavoncello le testimonianze del sequestro nel 1943, da parte delle truppe tedesche, dell’intero patrimonio librario della comunità ebraica di Roma. Tra i tanti, è da ricordare il bombardamento della Biblioteca di Sarajevo nel 1992, di quella di Mosul nel 2014.
in Flying books i libri, immobilizzati nell’aria, sospesi ad un filo trasparente, sembrano volare via e la memoria disperdersi…
LIBERAZIONE Franca Marini, Siena 2016
Stanze della Memoria, Istituto Storico della Resistenza Senese e dell'Età Contemporanea
Le Stanze della Memoria occupano l’edificio tristemente ricordato a Siena come “la Casermetta” e cioè il luogo dove venivano interrogati e torturati gli oppositori al regime fascista. Lo spazio museale è strutturato in “stanze” tematiche, quindi la Stanza della Tortura, la Stanza dell’Armistizio… la Stanza della Liberazione fu quella da me scelta nel 2016 per la realizzazione di una mia opera. In un’ala del museo è invece allestita la ricostruzione di una strada del Ghetto Ebraico di Siena.
Riporto qui il testo da me scritto nel Marzo 2017: “ (…) Le immagini del filmato scorrono veloci sui piani bianchi, panni tesi dall’artista che come schermi catturano, assorbono, dandogli intensa luce, i bellissimi sorrisi di chi ha vissuto la gioia di quel momento indimenticabile. Uomini, donne, vecchi e bambini, che accorrono nelle strade della città per festeggiare entusiasti la fine della dittatura e dell’occupazione, vengono così consegnati al presente e a nuova vita diventando immagini universali di una rinascita.
Il tema della Liberazione viene interpretato dall’artista su due fronti, quello storico e quello della realtà presente ed inteso come processo attivo di autodeterminazione che implica la dimensione della lotta. Il dolore ed i traumi subiti vengono riscattati dalla realizzazione e affermazione di una nuova identità sia collettiva che personale. Il rosso del sangue, memoria di un’immensa lacerazione e sofferenza si trasforma in immagine della vitalità che esplode nelle forme sospese che si librano nell’ambiente. (….)”
La realizzazione di quest’opera ha per me rappresentato la possibilità di ricreare e reinterpretare, attraverso il linguaggio artistico, una memoria collettiva del passato i cui significati possono costituirsi come vitali per la comprensione e trasformazione del presente.
Mušič, nelle opere pittoriche create negli anni successivi al lager, in particolare durante gli anni ’70, s’ispira ai disegni da lui realizzati a Dachau tra il 1944 e il 1945. I suoi dipinti sono quindi memoria dei traumi vissuti ma possiamo ipotizzare che la loro ricreazione attraverso il linguaggio artistico contenga in sé anche un elemento di elaborazione, un tentativo di “superamento” di quella inenarrabile esperienza di vita. Realizzerà così una serie di opere pittoriche bellissime e sconvolgenti allo stesso tempo chiamate Non siamo gli ultimi e che gli consacreranno una fama a livello internazionale.
Con il titolo Mušič allude ai genocidi e ai massacri che continueranno a perpetuarsi in altre aree del mondo anche dopo la fine della seconda guerra mondiale.
GUERNICA Pablo Picasso, Parigi 1937
A proposito di arte come memoria ed anche denuncia di un avvenimento traumatico, è inevitabile citare Guernica, una delle opere più celebri di Pablo Picasso, dipinta a Parigi nel 1937 in risposta al bombardamento, da parte dell’aviazione italo-tedesca, della piccola cittadina Guernica in Spagna. Il bombardamento causò la morte di duemila persone, in gran parte civili.
La realizzazione di Guernica, un’enorme tela alta circa 3,50 m e larga quasi 8 m, ebbe una grande risonanza, fu esposta in vari capitali del mondo fino ad arrivare nel 1939 a New York. Picasso la cedette al MOMA, al Museo di Arte Moderna di New York, siglando il patto che essa sarebbe stata consegnata alla Spagna quando vi si sarebbe insediato un governo democratico. Fu esposta per la prima volta in Spagna, a Madrid dove tutt’ora è custodita, nel 1981.
L’artista nell’apprendere il bombardamento di Guernica ha una reazione emotiva che lo spinge a rappresentare il massacro. Quale poteva essere l’intento di Picasso nel dipingere l’opera? Semplicemente creare una memoria attraverso l’arte di ciò che era accaduto affinché non venisse dimenticato? Perché l’arte al pari di articoli giornalistici, testimonianze fotografiche, può intervenire nel denunciare guerre, violenza e violazione dei diritti umani? E come interviene?
Picasso non usa un linguaggio naturalistico per rappresentare la ferocia del bombardamento, cioè non fa la fotografia di ciò che è avvenuto ma riesce, nonostante ciò, a creare un’opera di grande impatto emotivo. Deforma la figura umana e la realtà attraverso un linguaggio inventato, creato dalla sua fantasia d’artista che rende il dramma e la ferocia dell’accaduto ancora più concreti e veri e che fa di Guernica immagine universale degli orrori della guerra.
ARTE CONTEMPORANEA
Numerosi oggi sono gli artisti che si cimentano con tematiche legate ai diritti umani o che elaborano nelle loro opere eventi traumatici anche riferentisi al passato – spesso non vissuti direttamente dall’artista ma facenti parte della memoria e dell’immaginario collettivo presente come lo Shoah e più in generale gli accadimenti della seconda guerra mondiale.
Una forma d’arte spesso utilizzata è l’installazione. Nata negli anni ’70, essa pone al centro della sua realizzazione il coinvolgimento dello spettatore all’interno di uno spazio tridimensionale. A questo proposito vi mostrerò due installazioni dell’artista Christian Boltanski ed una da me realizzata per le Stanze della Memoria a Siena.
Christian Boltanski
è un artista francese recentemente scomparso. Il padre era un medico ebreo di origine ucraina che per sfuggire alla deportazione vivrà per oltre un anno in un nascondiglio realizzato sotto un pavimento.
Boltanski nasce a Parigi nel 1944 poche settimane dopo la liberazione della capitale francese dall’occupazione tedesca. Fin da piccolo sarà testimone dei racconti degli scampati all'Olocausto. Dedicherà gran parte del suo lavoro alla Shoah, pur senza mai citarla direttamente, e al tema, connesso, della memoria.
PERSONNES Christian Boltanski, Grand Palais, Parigi 2010
Personnes è un’ installazione monumentale di grande complessità, di forte impatto, quasi scioccante. Mi limito a segnalare, oltre all’audio che riproduce ossessivamente battiti cardiaci, una montagna, al centro, di vestiti alta 20 metri… dei corpi umani non restano che gusci vuoti. In cima un braccio meccanico, forse a simboleggiare la morte, che raccoglie dal mucchio uno ad uno i vestiti per poi lasciarli ricadere sulla massa indistinta che essi formano.
FLYING BOOKS Christian Boltanski, Biblioteca Nazionale, Buenos Aires 2012
In questa installazione il libro è il soggetto assoluto. Il tema è quello, caro a Boltanski, della memoria. Il libro è per antonomasia strumento del sapere e della conoscenza che può essere conservata e tramandata da generazione in generazione e che può costituire l’identità sociale e culturale del popolo che l’ha prodotta. Distruggere, bombardare biblioteche, come spesso accade durante i conflitti armati tra gruppi o nazioni, ha il significato di cancellare la memoria e l’esistenza di un altro gruppo, di un’altra nazione.
Abbiamo poco fa ascoltato nel film “Roma una breve eternità” di Vittorio Pavoncello le testimonianze del sequestro nel 1943, da parte delle truppe tedesche, dell’intero patrimonio librario della comunità ebraica di Roma. Tra i tanti, è da ricordare il bombardamento della Biblioteca di Sarajevo nel 1992, di quella di Mosul nel 2014.
in Flying books i libri, immobilizzati nell’aria, sospesi ad un filo trasparente, sembrano volare via e la memoria disperdersi…
LIBERAZIONE Franca Marini, Siena 2016
Stanze della Memoria, Istituto Storico della Resistenza Senese e dell'Età Contemporanea
Le Stanze della Memoria occupano l’edificio tristemente ricordato a Siena come “la Casermetta” e cioè il luogo dove venivano interrogati e torturati gli oppositori al regime fascista. Lo spazio museale è strutturato in “stanze” tematiche, quindi la Stanza della Tortura, la Stanza dell’Armistizio… la Stanza della Liberazione fu quella da me scelta nel 2016 per la realizzazione di una mia opera. In un’ala del museo è invece allestita la ricostruzione di una strada del Ghetto Ebraico di Siena.
Riporto qui il testo da me scritto nel Marzo 2017: “ (…) Le immagini del filmato scorrono veloci sui piani bianchi, panni tesi dall’artista che come schermi catturano, assorbono, dandogli intensa luce, i bellissimi sorrisi di chi ha vissuto la gioia di quel momento indimenticabile. Uomini, donne, vecchi e bambini, che accorrono nelle strade della città per festeggiare entusiasti la fine della dittatura e dell’occupazione, vengono così consegnati al presente e a nuova vita diventando immagini universali di una rinascita.
Il tema della Liberazione viene interpretato dall’artista su due fronti, quello storico e quello della realtà presente ed inteso come processo attivo di autodeterminazione che implica la dimensione della lotta. Il dolore ed i traumi subiti vengono riscattati dalla realizzazione e affermazione di una nuova identità sia collettiva che personale. Il rosso del sangue, memoria di un’immensa lacerazione e sofferenza si trasforma in immagine della vitalità che esplode nelle forme sospese che si librano nell’ambiente. (….)”
La realizzazione di quest’opera ha per me rappresentato la possibilità di ricreare e reinterpretare, attraverso il linguaggio artistico, una memoria collettiva del passato i cui significati possono costituirsi come vitali per la comprensione e trasformazione del presente.